Rete torinese contro i Cpr: monitoraggio e informazione su condizioni di vita nel Centro di corso Brunelleschi

Il Cpr di corso Brunelleschi (foto di repertorio)

Chiedeva la chiusura definitiva del Cpr (Centro di permanenza per il rimpatrio) di Torino un ordine del giorno del Consiglio Comunale approvato nel 2023. Il documento, accolto con favore dalla Giunta, venne trasmesso al Prefetto e inoltrato alla Presidenza del Consiglio. L’esito non fu quello sperato visto che, da qualche mese, la struttura di corso Brunelleschi è stata parzialmente ristrutturata, è stata avviata una nuova gestione e alcune persone sono già presenti all’interno.

Questa è stata l’introduzione del presidente Luca Pidello ai componenti della Commissione Legalità e Diritti delle persone private della libertà personale riuniti per incontrare la Rete torinese contro tutti i Cpr. nata lo scorso 18 dicembre su iniziativa della Circoscrizione 3 (all’interno della quale si trova il Cpr di Torino), con l’adesione di istituzioni, sindacati, associazioni enti del terzo settore.

La presidente della Circoscrizione, Francesca Troise ha ripercorso le tappe della costituzione della rete che si è concretizzata con un documento istitutivo che, tra gli intenti, ha quello di informare l’opinione pubblica, in gran parte all’oscuro del funzionamento del Cpr e delle condizioni di vita al suo interno. Tra gli obiettivi, anche il monitoraggio dell’attività, a partire dalla congruenza tra i capitolati d’appalto e i servizi offerti. Molte le associazioni aderenti alla Rete, tra le quali il Gruppo Abele, Acli, Arci, Acmos, Libera, Mosaico, Anpi, Cgil e molte altre i cui rappresentanti, nel corso della Commissione, hanno ribadito come l’obiettivo finale sia la chiusura non solo del Cpr di corso Brunelleschi ma di tutti i Cpr d’Italia, creando iniziative di sensibilizzazione tra i cittadini e, nello stesso tempo, chiedendo l’applicazione di misure alternative alla “detenzione” all’interno del Centro.

Da più esponenti sono state denunciate le condizioni disumane con le quali le persone vengono trattenute all’interno della struttura, in attesa di un rimpatrio che avviene in percentuali minime, persone la cui dignità viene calpestata in violazione della Costituzione. L’80% di coloro che escono da quel contesto, è stato sottolineato con forza, hanno un disagio mentale fortissimo. Il Cpr non ha nulla a che fare con i compiti di istituto delle forze dell’ordine, denuncia il sindacato polizia Silp – Cgil, sottolineando come i lavoratori siano sottoposti ad elevati rischi di sicurezza per i quali è assente la valutazione prevista per legge. Le persone appartenenti alle forze dell’ordine, ricorda, sono un centinaio e, evidenzia, sarebbero più utili in per le strade della città.

Nel dibattito, Silvio Viale (Lista Lo Russo), pur a favore della chiusura dei Cpr si chiede quale sia la proposta alternativa mentre secondo Tiziana Ciampolini (Torino Domani) occorre cogliere questa occasione per ridisegnare le politiche di accoglienza. L’inutilità dei Cpr è data dai numeri, sostiene Pierino Crema (Pd) che aggiunge che è necessario creare le condizioni per una immigrazione legale. Per Ferrante De Benedictis (FDI), l’immigrazione illegale alimenta economie illegali. Ritiene che non si possa accogliere tutti e che non basti dire “no” ai Cpr senza proporre una soluzione. All’interno del Centro, ci sono persone che stanno male da un punto di vista fisico e mentale, sottolinea, invece, Emanuele Busconi (Sinistra Ecologista) indicando negli psicofarmaci l’unico rimedio utilizzato. Secondo Anna Borasi (PD) non ci si interroga abbastanza sul fatto che l’immigrazione possa essere una risorsa. Claudio Cerrato (PD) ribadisce la contrarietà allo strumento del Cpr, la necessità di implementare le politiche di immigrazione regolare, contrastando la criminalità e migliorando le politiche di espulsione. Caterina Greco (PD), d’accordo con l’eliminazione del Cpr, ritiene necessario un centro di accoglienza che garantisca dignità a chi emigra per condizioni di povertà e non gode di tutele. Per Antonio Ledda (PD) i Centri per il rimpatrio sono non luoghi che rischiano di diventare un pericolo. Anche Abdullahi Ahmed (PD) esprime la propria contrarietà ai Cpr evidenziando come occorra costruire percorsi di lavoro. Infine, l’assessore Jacopo Rosatelli conferma la necessità di tenere alta l’attenzione, in collaborazione con l’Ufficio della Garante dei Diritti delle persone private della libertà personale e, richiamando l’ordine del giorno approvato dal Consiglio, invita a ricorrere quanto più possibile a misure alternative al Cpr.

Federico D’Agostino